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Se l'esperienza è esposizione al dolore, alla noia, al tempo morto della passività e alle loro conseguenze irreversibili, la nostra vita quotidiana sembra averle preferito un surrogato artificioso, una simulazione meno vulnerabile. Siamo immersi nell'euforia dell'interazione controllata, dell'autoriferimento senza pathos, dell'atrofia dei sensi come garanzia anestetica. Attraverso lo scrutinio della letteratura e del pensiero critico contemporanei, La Porta ci riavvicina alle ragioni antropologiche ed etiche di un'esperienza possibile: il contrario del comodo "autoreverse" che ci allestisce il rumoroso teatrino della cultura nazionale, abitato da postavanguardie conformiste e da fatui eversori sedotti dall'esistente.